IL POSITIVISMO

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Le fasi costruttive della Torre Eiffel, simbolo di progresso

A dominare la cultura nell’Europa di fine ’800 è il Positivismo, movimento filosofico, figlio della borghesia al potere e del grande progresso industriale. Alla sua base vi è la scienza, intesa non come campo limitato del sapere, ma come un vero e proprio atteggiamento mentale che riduce la realtà in una serie di rapporti meccanicistici capaci d’interpretare ogni forma culturale. Si leggono in questo modo sia la storia che le scienze umane e si tende ad applicare il metodo scientifico anche alla letteratura.

Il Positivismo è un movimento culturale in senso lato che si sviluppa in Europa e se dovessimo indicare generalmente una data d’inizio (con le opportune cautele) partiremo dal 1848, anno che viene indicato come un vero e proprio spartiacque nella cultura sociale e politica dell’intero continente. E’ infatti l’anno che segna il punto di conflitto più alto fra le vecchie gerarchie, rappresentate in Inghilterra dall’instaurazione del governo dei Tories, in Francia da Napoleone III e in Prussia da Otto von Bismarck e l’ascesa inarrestabile della borghesia, che si vedeva riflessa nell’ideologia liberale. In questo conflitto s’inserisce, a sua volta, la cosiddetta “massa”, sfruttata sia in campo industriale che agrario e che, pur non essendo un vero e proprio gruppo omogeneo, cominciava a far sentire la sua voce attraverso intellettuali più attenti e sensibili ai suoi problemi, si pensi solo a Marx ed Engels e al loro Manifesto, proprio del 1848.

Dopo questo anno le strutture sociali e politiche vedranno delle modifiche sostanziali sia sul piano della geografia europea che fra i rapporti tra le classi:

  • nei paesi avanzati, si assisterà ad una saldatura fra le vecchie classi e la classe imprenditoriale a difesa degli interessi comuni e, nello stesso tempo, ma sulla sponda opposta, l’inizio di organizzazioni che, mutuando il termine da Marx, potremo definire “proletarie”;
  • il compimento “liberal-borghese” di stampo cavouriano dell’unità d’Italia (1960 – 1970) e quello della Confederazione germanica sotto la guida della Prussia nel 1871 (a cui corrisponde il forte ridimensionamento della potenza austro-ungarica).

E’ proprio da questa nuova geografia e da diverse situazioni sociali ed economiche che si comprende la differenza che tale movimento culturale subisce a seconda del luogo in cui si sviluppa: in Francia si inserisce all’interno del razionalismo che va da Cartesio all’Illuminismo; in Inghilterra si sviluppa sulla tradizione empiristica ed utilitaristica, e si intreccia in seguito, con la teoria dell’evoluzione darwiniana; in Germania assume la forma di un rigido scientismo; in Italia affonda le radici nel naturalismo rinascimentale, anche se dà i suoi frutti maggiori, data la situazione sociale della nazione allora unificata, nella pedagogia e nell’antropologia criminale di Cesare Lombroso.

Pur nella sua ramificazione il Positivismo si poggia su dei punti qualificanti; la nascita della sociologia di Auguste Comte e la teoria evoluzionistica di Charles Darwin.

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Ritratto di Auguste Comte

Auguste Comte (1798 – 1857) è il padre riconosciuto del positivismo, colui che si dedicò più di ogni altro alla definizione di un nuovo sistema di pensiero che partisse dalle basi certe della fisica e del metodo sperimentale.

Le leggi che regolano lo sviluppo dell’uomo e della realtà obbediscono alle stesse leggi delle scienze fisiche e sono, pertanto, determinate: lo scienziato deve svelare queste leggi in modo da poter, attraverso il metodo sperimentale, agire sulla realtà in modo concreto. Ciò darà vita a quella scienza positiva (da cui il nome del movimento filosofico) che è, per Comte, il culmine di uno sviluppo storico ininterrotto verso la vera conoscenza delle cose.

L’uomo, nel passato, si è accostato alla conoscenza attraverso tre momenti:

  • Il primo stato è quello teologico, ovvero lo stato in cui l’uomo spiega l’ignota origine dei fenomeni attribuendone le cause a forze divine superiori (“il fulmine è un dardo scagliato da Zeus”), è il periodo dell’infanzia dell’umanità;
  • Il secondo è lo stato metafisico, ovvero lo stato in cui l’uomo rifiuta la spiegazione divina e cerca nell’essenza astratta dei fenomeni la spiegazione di tutto (“il fuoco brucia perché possiede l’essenza del calore, la virtù calorifica”), è il periodo dell’adolescenza dell’uomo;
  • Il terzo stato è quello positivo, ovvero lo stato in cui si trova a vivere l’uomo moderno, il quale spiega i fenomeni studiandone le leggi empiriche (“il fulmine è una scarica elettrica”), è la fase della maturità dell’uomo.

I tre stati di conoscenza possono essere applicati ad ogni forma di sapere, che parte dai grandi interrogativi dell’uomo sino al singolo agire dell’individuo. Per meglio dire il positivismo rinuncia alla ricerca dei perché delle cose per concentrarsi sul come accadono. Tale nuova prospettiva è propria di tutta la scienza moderna e di larga parte della filosofia contemporanea.

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Charles Darwin

Il darwinismo, invece, sviluppa le teorie del naturalista francese Lamarck, il quale afferma che la diversità delle specie animali è dettata dall’adattabilità degli esseri viventi all’ambiente. Darwin specifica il concetto sopra esposto, aggiungendo ad esso quello della “lotta per la vita”: le specie, cioè, sviluppano quelle variazioni atte a risultare vantaggiose rispetto ad un cambiamento e ad eliminare le nocive. Queste diventavano poi ereditarie e quindi proprie di una specie. Chi non fosse riuscito a questo sarebbe stato “naturalmente” espulso, cancellato durante il corso evolutivo, (concetto di selezione naturale). Ma quello che più rende efficace tale teoria è la sua dimostrabilità: ciò che da secoli fa l’uomo attraverso le selezione di piante e animali, fa da sempre la natura, e se non sempre è possibile verificarlo attraverso lo studio della paleontologia, secondo il filosofo inglese, è dovuto alla scomparsa di alcune specie.

Come si vede ambedue le teorie esposte si basano sulla sperimentazione scientifica, che copre, in questa fase, anche l’antropologia.

Si è detto in precedenza come il positivismo ricopra, al di là degli aspetti particolaristici dei paesi in cui diventa la cultura dominante, sia in quanto propulsiva di essa (come in Francia) o ricettiva di essa, l’intera Europa.

Pur nelle differenze potremmo affermare che:

  • si rivendica il primato della scienza: si conosce solo quello che ci mostrano le scienze, e l’unico metodo scientifico è quello delle scienze naturali;
  • il metodo delle scienze naturali non vale solo per lo studio della natura ma anche per lo studio dell’uomo e della società;
  • la sociologia, intesa come scienza di quei “fatti naturali” che sono i rapporti umani e sociali, è un frutto qualificante del programma filosofico positivistico;
  • nel Positivismo non si ha soltanto l’affermazione dell’unità del metodo scientifico e del primato di questo metodo come strumento conoscitivo, ma la scienza viene esaltata come l’unico mezzo in grado di risolvere, nel corso del tempo, tutti i problemi umani e sociali che fino ad allora avevano tormentato l’umanità;
  • conseguentemente a ciò, l’era del Positivismo è pervasa da un ottimismo generale, che scaturisce dalla certezza in un progresso inarrestabile verso condizioni di benessere generalizzato in una società pacifica e pervasa da umana solidarietà.

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Gustave Caillebotte: Una strada di Parigi, tempo di pioggia (1877)

Questa mentalità dà vita ad una serie di “invenzioni” che mutano, fondamentalmente, il modus vivendi della società europea. La capacità dell’uomo di trasformare la natura fa nascere il mito del self made man, cioè dell’uomo che, pur partendo da classi sociali umili, può, attraverso la propria intraprendenza e la capacità competitiva, imporsi di fronte alla realtà. Questa spinta propulsiva è data dall’idea del progresso che, grazie ad un forte sviluppo durante la seconda metà del secolo, stava cambiando i parametri del vivere: la capacità del mercato di offrire prodotti ad un sempre maggior numero di utenti, le grandi scoperte mediche che debellano malattie fino ad allora letali (nasce la diagnostica, l’anestesia, l’anepsi), la sensazione di vivere in un nuovo mondo dominato dall’illuminazione delle strade cittadine (dai primi tentativi alla piena affermazione nella seconda metà dell’Ottocento), da comunicazioni sempre meno distanti grazie al telefono (Meucci, 1871), dall’essere immortalati per l’eternità attraverso la fotografia, che s’impose proprio tra il ’50 e la fine del secolo. Nasce in questo periodo, con una sola parola, la modernità, che stravolge il modo di vita millenario dominato dalla cultura contadina e porta alla ribalta della storia la borghesia nelle sue interne articolazioni: non solo i grandi industriali, ma anche i piccoli borghesi delle città, dediti ad attività terziarie, che diventano massa da educare ai valori dominanti attraverso i giornali ed i modi di vita imposti dal mercato (la belle époque).

Si sviluppano, infatti, anche nuove forme di trasmissione del sapere. Grande importanza assume, in questo senso, la nascita del giornale, cui dedicheranno tempo non solo i cronisti politici ed economici, ma anche letterati, incapaci di vivere con il loro solo lavoro. Essi saranno i protagonisti delle Terze pagine, contenenti i maggiori eventi e riflessioni culturali del periodo.

Ma il giornale è anche il promotore della nascita della letteratura di consumo (feuilleton o romanzo d’appendice, poesie celebrative) che elabora proprie strutture, tali da poter essere fruite dal maggior numero possibile di alfabetizzati. Tipici di questa letteratura sono i romanzi sentimentali e d’avventura (pubblicati a puntate nell’ultima pagina del giornale, e costruiti in modo da attirare l’attenzione del lettore che così ne avrebbe continuato l’acquisto); i primi hanno come punto di riferimento il pubblico femminile educato a valori morali e al rispetto del perbenismo ristretto della mentalità borghese; i secondi hanno invece come utenti il pubblico dei lavoratori degli uffici, desiderosi d’evadere dalla noia d’un mestiere ripetitivo. Essi sono portatori di ideologie vetero-romantiche, d’un nazionalismo esasperato, di una vita fondata sul buonismo ed altruismo, ma soprattutto, con il loro preteso fine di far “sognare”, si pongono in antitesi con l’alta cultura letteraria del momento, che in Europa prende il nome di naturalismo.

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Un’ultima cosa ci sembra corretto analizzare: tale movimento sembra collegarsi in modo netto, tanto da sembrare uno sviluppo, all’Illuminismo: anche lì si dà importanza al sapere, “meccanico”, si pensi all’Encyclopedie. Ciò che li differenzia è l’approccio. Tanto il movimento settecentesco è teorico quanto il Positivismo è “pratico”; quanto il primo mitizza la figura del philosophe, quanto il secondo quello dello scienziato, medico o ingegnere; quanto l’emblema del primo è un’opera monumentale, tanto nel secondo è la Torre Eiffel.

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